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Nella bergamasca mancano 104 medici di famiglia

Dai dati di ATS Bergamo risulta che attualmente sono 573 titolari e 69 provvisori per un totale di 642 i medici di famiglia in attività nella bergamasca, una ventina in meno rispetto alla fine dello scorso anno, durante il quale avevano rinunciato al camice altri 102 medici, per i motivi più vari che vanno dal raggiungimento dei 70 anni di età all’utilizzo di incentivi come “quota 100” o grazie al riscatto della laurea, ma anche arrendendosi all’emergenza CoViD. Senza contare coloro che sono rimasti vittime della stessa pandemia che erano desiderosi di fronteggiare.

Nella nostra provincia sono dunque 104 i posti da riempire e, solo per questo mese di marzo, 4.296 le ore vacanti di continuità assistenziale da coprire. Le domande di pensione arrivano costantemente all’Ordine dei Medici e per un ricambio generazionale si dovranno attendere almeno quattro o cinque anni. Intanto la situazione in provincia si complica, soprattutto nelle zone di montagna, specialmente nell’Alta Valle Seriana. La Valgandino lamenta la mancanza di medici di base, Mozzo, Curno e Treviolo sono rimasti senza pediatra, ma anche i quartieri cittadini, da Longuelo a Campagnola, risultano ormai privi dell’assistenza primaria.

Coprire queste necessità non sembra un compito agevole, anche ricorrendo a nuove risorse che si trovano però a dover affrontare diverse problematiche: il corso specifico in medicina generale dura tre anni a tempo pieno ma non conferisce titolo accademico, la borsa di studio è di 800 euro al mese rispetto ai 1.800 per le altre specialità e, una volta conseguito l’obiettivo, c’è da pagarsi ed attrezzarsi un laboratorio, rinunciare a ferie e lavorare in solitudine, senza impiegato e infermiere ma pagando un sostituto, ammesso di trovarlo, quando necessario.

Entro il 6 aprile i candidati devono presentare domanda e solo allora si saprà se qualche posto verrà occupato, sebbene Guido Marinoni, presidente del locale Ordine dei medici, mostri un certo pessimismo: «Saremo fortunati se riusciremo a trovarne una trentina, tra corsisti e qualcuno che viene da fuori». Dei 25 laureati che hanno discusso la tesi alla fine del corso triennale di medicina generale al polo gestito da Ats Bergamo, non è neppure scontato che tutti intendano esercitare sul nostro territorio.

Un professionista, calcolando sia le spese a carico che gli incentivi regionali, può guadagnare non più di 4 mila euro netti al mese: una soluzione vantaggiosa sarebbe quella di associarsi con qualche collega, potendo così disporre di personale infermieristico ed amministrativo e di uno studio ben organizzato.

Lunedì, 29 marzo 2021

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