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HomeRedazionaleNóter de BèrghemSiamo pronti a riprendere in mano la nostra vita?

Siamo pronti a riprendere in mano la nostra vita?

Dopo l’attacco spietato della pandemia lo scorso anno, abbiamo superato non senza fatiche, lutti e sofferenze, tutte le incertezze, gli errori, i passi falsi, le decisioni incomprensibili e l’arroganza del potere ed oggi siamo ancora in mezzo al guado, in un percorso obbligato senza ritorno.

Famiglie disgregate, rapporti sociali rarefatti, vita quotidiana rivoluzionata, professioni abbandonate a se stesse e categorie di lavoratori e imprenditori spinti alla miseria: ma l’ordine è di tacere e sopportare, “in vigile attesa”, è di non porsi domande scomode, è di non mettere in dubbio le capacità, l’onestà e la buona volontà di chi prende tutte le decisioni per noi pur avendo mostrato manifesta incapacità.

Bergamo, città martire e simbolo delle tribolazioni che ci sono toccate in questo lungo anno, tenta di guardare al futuro, anche curando un “bosco della memoria”, con fatica lotta per non affogare, per non chiudere le proprie attività, per non cedere al nemico “dragone” a prezzo di saldo le proprie eccellenze. E intanto le sue montagne si spopolano, le sue stazioni sciistiche degradano, il suo turismo langue.

La città ha in fondo ancora paura del virus, anche se ci convive da un anno, ma è stanca di sacrifici e di rinunce. Soprattutto i giovani vogliono tornare a scuola, vedere gli amici, divertirsi in compagnia, riprendere in mano la propria vita radicalmente devastata da troppo tempo. Ed anche i bimbi più piccoli, lontani dagli asili e dalle scuole materne, iniziano a sentire il peso della mancanza di contatti con i loro coetanei.

Tutto questo finirà, prima o poi dovrà tornare tutto alla normalità come è stato per tutte le epidemie conosciute dalla Storia dell’Umanità, quando il virus avrà concluso il suo corso, quando l’immunità di gruppo ci metterà al riparo da nuovi contagi, ma ciò che troveremo, tra le macerie del nostro normale “stile di vita”, sarà proprio tutto ciò che abbiamo lasciato fuori dalla porta nel febbraio del 2020?

Dipende da noi, almeno in parte: anziché piangerci addosso stiamo attrezzandoci per quel giorno? Che cosa potremo salvare di questa drammatica esperienza che ci possa essere di utilità nei tempi normali? Sapremo conservare un po’ di ottimismo e la ferma convinzione che reagire e resistere si può, per tornare a costruire il nostro futuro? Avremo imparato a non considerare come oro colato tutto ciò che i media, i social e l’informazione pilotata utilizzano per “lavarci” il cervello?

La lezione di questi mesi, la più significativa, è essere stati costretti ad attribuire il giusto peso e la giusta importanza agli avvenimenti, alle pubbliche funzioni ed ai loro responsabili: a gestire la salute dei cittadini non dovrebbero essere esperti di economia e di finanza, tantomeno politici aggreppiati ai partiti, ma personale qualificato con lunga esperienza in corsia ed in sala operatoria, affiancato da qualche diligente contabile.

Mercoledì, 24 marzo 2021

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