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Giorno del ricordo: gli esuli ringraziano Bergamo

Giovedì, 11 febbraio 2021

Come si commemora con immutato dolore altre efferate stragi e disumani genocidi, così ogni anno il 10 febbraio si ricorda la tragedia delle foibe, le cavità carsiche nelle quali i comunisti di Tito settant’anni fa gettarono, molti ancora vivi, uomini, donne e bambini colpevoli solo di essere italiani. Li legavano tra loro in piccoli gruppi, dopo averli torturati e seviziati, e uccidevano il primo con un colpo di pistola alla nuca: gli altri finivano negli inghiottitoi ancora vivi e morivano in poche ore dissanguati e sepolti dai cadaveri.

Dalla pulizia etnica del maresciallo Tito (che è tuttora e dal 2 ottobre 1969 Cavaliere di Gran Croce decorato di gran cordone Ordine al Merito della Repubblica Italiana), furono trecentomila gli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia che si salvarono ma furono costretti ad abbandonare tutto e ritornare in Italia da esuli, non bene accolti dalle popolazioni delle roccaforti del comunismo.

Bergamo, al contrario, mostrò umanità e solidarietà, come ieri è stato ribadito da Maria Elena Depetroni, presidente del comitato di Bergamo dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che ieri era presente al Parco delle Rimembranze alla Rocca in occasione del “Giorno del ricordo”, insieme con il sindaco Giorgio Gori, il prefetto di Bergamo Enrico Ricci, il presidente della provincia Gianfranco Gafforelli ed autorità civili e militari.

«Tante storie, tanti sogni, tante vite spezzate e il dolore, le lacrime e la malinconia che non ci abbandonano mai», con queste parole Maria Elena Depetroni ricorda quella drammatica vicenda sulla quale troppo a lungo ha pesato un silenzio inaccettabile, con motivazioni che solo in parte sono riconducibili all’indifferenza ed all’ignoranza della Storia.

Ora che il vergognoso silenzio molto simile all’omertà è stato interrotto ed il triste capitolo della pulizia etnica operata dal comunismo jugoslavo è venuto alla luce conquistando la dignità della memoria. il vero avversario da battere è il pregiudizio ideologico, la complicità di parte che, dopo settant’anni, ancora cercano di nascondere sotto il tappeto la sporcizia del passato.

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