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Polemica sulle croci di vetta, Carminati di Brembilla (Cai Lombardia): conforto dopo la fatica

Croci in vetta sì o croci in vetta no? Il dibattito si è acceso dopo che in un recente convegno tenutosi all’Università Cattolica di Milano il direttore editoriale del Cai Albino Ferrari avrebbe invitato a non installare più croci sulle nostre vette: “anacronistiche e divisive”.

Sullo Scarpone online, organo ufficiale del Club Alpino Italiano si sottolineava come tale posizione “… ha trovato tra i presenti una larga concordanza sulla necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l’installazione di nuovi simboli sulle cime”.

La Croce del pizzo Grande

Una tesi condivisa dal Cai, che fa sapere di “… guardare con rispetto le croci esistenti” ma anche di “preoccuparsi del loro stato ed eventualmente, in caso di necessità, occuparsi della loro manutenzione (ripulendole dagli adesivi, restaurandole in caso di bruschi crolli)”.
Ciò perché, evidenzia l’associazione, “…rimuoverle sarebbe come cancellare una traccia del nostro cammino; un’impronta a cui guardare per abitare il presente con maggior consapevolezza. Con rispetto della storia di ogni Croce senza costruire di nuove.” Successivamente il presidente generale del Cai Antonio Montani è intervenuto cercando di smorzare la polemica, ricordando il valore delle croci sulle vette.

Andrea Carminati, originario di Brembilla, è vicepresidente del Cai regionale e consigliere nazionale: “Il Cai centrale – spiega – non ha mai discusso l’argomento e, come ha detto il presidente Montani, quella era una posizione personale del direttore editoriale Ferrari non discussa in Consiglio. Non c’è, quindi, alcuna posizione ufficiale. Quindi dire che esponenti del Cai centrale han detto questo non è vero. E’ un professionista incaricato dal Cai di curare la stampa sociale che ha espresso la sua opinione”.
“Comunque sono d’accordo a livello personale che le croci presenti in vetta – continua Carminati – vanno rispettate, perché non sono più solo un simbolo religioso ma spesso ricordano tragedie o sofferenze personali, o persone che hanno amato la montagna. E così si vuole ricordare accostandole al cielo che, in montagna, pare più vicino. La croce non è mai quindi divisiva e quindi, secondo me, se “giustificata” da questi fattori, sulla vetta non crea alcun disturbo né lo darà neanche in futuro, spesso è anche di ristoro e conforto per chi, dopo la sofferenza della fatica, trova in vetta un simbolo di pace“.

La Croce sul Ronco di San Giovanni Bianco

Lunedì 26 giugno 2023

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