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Lo Stato non ci ascolta

Mi dispiace che qualcuno non voglia accettare, per pregiudizio politico, le critiche rivolte al governo in questa circostanza, ma continuo a ritenere disastrose certe decisioni prese ai danni degli operatori turistici delle nostre zone alpine per una serie di motivi.

Il primo è l’osservazione del buon andamento degli indici epidemiologici che, soprattutto nella bergamasca, testimoniano uno stato di sufficiente tranquillità, anche grazie alla risposta puntuale e diligente della popolazione.

Il secondo è la considerazione che tutti gli operatori del settore, negli scorsi mesi, hanno adeguato strutture e norme interne alle direttive emanate da Roma, in alcuni casi restringendo ulteriormente le possibilità di contagio, con rilevanti impegni finanziari dei quali si sono fatti praticamente pieno carico.

Il terzo punto, non meno importante, riguarda la concorrenza che Paesi più furbi o semplicemente meglio governati del nostro sono pronti a fare al nostro sistema del turismo invernale: Svizzera, che non appartiene all’UE, ed Austria che invece è un Paese UE, hanno tenuto aperti i propri impianti e le proprie strutture ricettive, che non sono mai state chiuse, senza alcuna conseguenza apprezzabile in termini di contagi. Questo comporta una forma di concorrenza sleale nei confronti dell’Italia, che è legittima ma che ancora una volta mette in mostra le lacune del nostro sistema decisionale.

A Roma non si vuole ascoltare l’allarme lanciato in modo civile e rispettoso da migliaia di famiglie che, per colpa della chiusura indiscriminata della stagione invernale, rischiano di trovarsi in condizioni di miseria. Qualche politico ha motivato la decisione con battute prive di onestà intellettuale, del tipo “i milanesi possono anche rinunciare a sciare, perché non è un’esigenza primaria”. Ciò che vorrei rispondere non è pubblicabile.

Enrico Scarpellini

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